Marea nera. Un anno fa il disastro nel Golfo del Messico

06.05.2011 15:42

 

Marea nera. Un anno fa il disastro nel Golfo del Messico

 

17-04-2011

 

 

 

 

 

NEW YORK. E' passato un anno. Mercoledì prossimo saranno trascorsi esattamente 365 giorni dal momento in cui sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, posizionata a 66 chilometri al largo delle coste della Louisiana, un' esplosione squarciava la notte del Golfo del Messico e la struttura dell' impianto. Erano le 21:45: aveva inizio in quel momento al largo di New Orleans quello che si sarebbe trasformato nel più grave disastro ecologico della storia. Quell'esplosione, dovuta al mancato funzionamento di una pompa idraulica, ha causato non solo 11 morti e 17 feriti.

Ha provocato anche la più inarrestabile fuga di petrolio mai vista, un fiume nero che giorno dopo giorno è sfociato nel Golfo del Messico fino ad occuparlo quasi per metà. Gli esperti hanno calcolato in 5 milioni i barili di petrolio finiti in mare. L'intera industria marittima di tre Stati (Louisiana, Mississippi e Texas, senza tener conto dei danni provocati in Florida) è stata messa in ginocchio e la potente America ha assistito, impotente, all'aggravarsi di una catastrofe ambientale senza precedenti nel mondo. Neppure il disastro provocato nel 1989 sulle coste dell'Alaska dalla petroliera Exxon Valdez aveva avuto conseguenze così gravi. Quella piattaforma, costruita in Corea del Sud dalla Hyundai Heavy Industries, era di proprietà della società svizzera Transocean ed era stata affittata due anni prima dalla britannica BP per procedere alle trivellazioni del pozzo Macondo, un pozzo che si trova ad una profondità di circa 1.500 metri. Prima dell'incidente, la BP estraeva dal pozzo 8 mila barili di petrolio al giorno. Che, da un giorno all'altro, hanno cominciato inesorabilmente a finire in mare. Inizialmente la portata dell'incidente fu sottostimata.

I soccorsi seguirono le abituali procedure previste in questi casi. Solo quando, due giorni dopo l'incidente, la colossale piattaforma affondò, i tecnici si resero conto della gravità potenzialmente epocale del disastro: da uno dei tubi della piattaforma squarciatisi nell'esplosione il petrolio continuava ad uscire a enormi fiotti (50 mila barili al giorno). Solo che ora la piattaforma era sul fondo del mare, a 1.500 mt di profondità. Mettere un 'tappo' a quella falla non sarebbe stato un lavoro facile. Gli ingegneri capirono subito: sarebbe stato un incubo. Così è stato: i tecnici della BP hanno lavorato l'intera estate prima di riuscire a fermare quel petrolio che saliva dal fondo del mare. Dopo svariati tentativi, il tamponamento definitivo della perdita è stato messo in atto con successo soltanto il 19 settembre.

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